Come tutti ormai sanno, il Decreto legge n°91 del 24 Giugno 2014, che contiene la misura spalma incentivi, dovrà essere convertito dalle Camere entro il 23 Agosto 2014.
I primi pareri negativi in merito all’ art. 26 recante “Interventi sulle tariffe incentivanti dell’elettricità prodotta da impianti fotovoltaici” arrivano dal Servizio del Bilancio del Senato
Secondo quanto riportato sul Decreto Legge, gli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 kW saranno costretti a scegliere se spalmare gli incentivi ottenuti su un periodo di 24 anni anziché 20 o se richiedere al GSE una riduzione volontaria dell’ 8% della tariffa incentivante ottenuta e prendere gli incentivi per un periodo di 20 anni come in precedenza.
Secondo quanto scritto nel Decreto, c’è anche la possibilità di accedere a finanziamenti bancari, per un importo massimo pari alla differenza tra l’incentivo già spettante al 31 dicembre 2014 e l’incentivo rimodulato, sulla base di apposite convenzioni con il sistema bancario di provvista dedicata e di garanzia concessa, cumulativamente o alternativamente, dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. (CDP).
In merito alla garanzia della CDP, il Servizio del Bilancio del Senato scrive: “Al riguardo, si rivela che la previsione di finanziamenti assistiti dalla garanzia della CDP o dello Stato stesso (per quelli erogati dalla stessa CDP) potrebbe presentare profili problematici”[….]“andrebbe valutato se l’intervento della CDP si configuri in maniera coerente rispetto all’attuale classificazione dell’ente nell’ambito del settore degli operatori finanziari. Il carattere oneroso della eventuale garanzia statale implica comunque che le imprese dovranno corrispondere allo Stato un adeguato corrispettivo”
[….] “Per quanto attiene alla rimodulazione degli incentivi, che si risolverà in un allungamento dei tempi di erogazione (essi verranno spalmati su 24 anni, in luogo dei 20 anni finora previsti) ovvero in una riduzione dell’8 per cento rispetto agli attuali livelli, oltre ad evidenziare a latere la possibilità dell’insorgenza di un cospicuo contenzioso, si rappresenta che l’operazione implica in ogni caso una riduzione degli incassi delle società produttrici di energia con il fotovoltaico. Tuttavia ciò non dovrebbe determinare un impatto negativo in termini di gettito fiscale, correlato alla conseguente riduzione degli utili d’impresa per tali operatori, atteso che le corrispondenti riduzioni delle tariffe elettriche sono a vantaggio, ai sensi dell’articolo 23, di soggetti a loro volta esercenti attività d’impresa, i quali usufruiranno di un equivalente impatto positivo in termini di minori costi, con pari riflessi sugli utili d’impresa. Analoghi effetti di compensazione si registreranno in termini di gettito IVA”.
(per leggere il testo integrale si rimanda al link http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00781483.pdf)
Il Bilancio del Senato non è l’ unico a presentare osservazioni in merito al Decreto “Spalma Incentivi”.
Anche Confindustria ha presentato osservazioni e suggerito una soluzione alternativa sostituendo il provvedimento con obbligazioni emesse dal GSE, che sarebbero in grado di ridurre gli oneri nel breve periodo per aumentarli poi nel medio-lungo. Il gestore del servizio avrebbe, se la proposta andasse in porto, il compito di raccogliere risorse sul mercato finanziario: la cifra sarebbe stabilita ogni anno dal ministero dello Sviluppo economico sulla base dei trend economici e della differenza di prezzo dell’energia elettrica tra Italia e altri Paesi comunitari.
Anie rinnovabili appoggia la proposta di Confindustria: “Siamo soddisfatti del supporto di Confindustria, che ha condiviso le istanze del settore presentando la proposta del bond su cui c’eravamo confrontati nelle settimane scorse e che rappresenta una soluzione alternativa assolutamente efficace” ha detto Emilio Cremona, Presidente di Anie Rinnovabili. “Si tratta infatti “, continua Cremona, “di un’azione importante che incide sulla componente A3 della bolletta senza ricadere sul Bilancio dello Stato.La retroattività del provvedimento disegnato dal Mise, lo ribadiamo, è inaccettabile. Auspico quindi che i legislatori accolgano le richieste di Confindustria, poiché l’attuale proposta del Governo per abbassare il costo della bolletta elettrica rischia di diventare un boomerang per tutto il Sistema Paese”.
Anche Free, il Coordinamento che raggruppa circa 30 associazioni del settore energie rinnovabili ed efficienza energetica, ha proposto in questi giorni una serie di modifiche al Decreto 91/2014. «Il mondo delle rinnovabili rimane seriamente preoccupato per una serie di norme che mettono in pericolo posti di lavoro e pregiudicano fortemente il settore. Abbiamo presentato al Parlamento le nostre proposte di modifiche, nel corso di audizioni e di convegni, al Decreto che contiene una serie di norme, dall’autoconsumo al cosiddetto spalma-incentivi, misure che cambiano le regole del gioco, mentre la partita è in corso, e che non offrono un’immagine di Paese affidabile anche agli investitori stranieri» dichiara Gianni Silvestrini, presidente di Free, Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica.
Le contestazioni arrivano anche dal resto d’ Europa. L’ambasciatore del Regno Unito in Italia, Christopher Prentice, ha scritto una lettera ufficiale al Presidente della Commissione Industria del Senato. «La principale preoccupazione del Regno Unito”, scrive Prentice,” è il potenziale impatto sulla fiducia degli investitori. Tra gli investitori nel settore solare in Italia, ci sono fondi di private equity e infrastrutturali, fondi pensione e fondi sovrani che hanno fatto investimenti significativi a lungo termine basati su un quadro normativo stabile e prevedibile. Una misura retroattiva come quella descritta nell’articolo 26 ridurrebbe significativamente i loro rendimenti, minerebbe la reputazione dell’Italia, e potrebbe avere conseguenze negative per altri settori».
A confermare i dubbi di Prentice più di cento investitori stranieri hanno annunciato di aver fatto ricorsi attraverso procedure di arbitrato previste dal Trattato internazionale della Carta dell’energia. Le misure del governo andrebbero a ledere i principi sottoscritti con quell’accordo in ogni caso: sia che si scelga di ridurre gli incentivi dal 25% al 19% spalmandoli su un periodo di tempo maggiore (4 anni in più), sia che si decida di tagliare subito un 8%.