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Il gestore Terna ha pubblicato il suo “Rapporto mensile sul sistema elettrico” e i dati dei primi sette mesi 2014 sono assolutamente confortanti.

Dall’ inizio dell’anno le energie rinnovabili hanno coperto il 38,8% della richiesta rappresentando il 44,9% di tutta la produzione italiana netta. Per semplificare: se non ci fosse stato questo apporto le centrali a petrolio o carbone sarebbero duvute rimanere accese nel nostro territorio per quasi il doppio del tempo.

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Più precisamente l’apporto del fotovoltaico è stato dell’ 8%, quello dell’eolico del 5,2% ed il geotermico del 1,7 %. Il resto è arrivato dagli impianti a biomasse e dall’idroelettrico che fa ancora la parte del leone.

Gran parte di questi ottimi risultati derivano dalla c.d. “Generazione distribuita” cioè piccoli impianti distribuiti nel territorio. Non dimentichiamo infatti che molta della produzione elettrica di una mega centrale si disperde a medio e lungo raggio per effetto della resistenza dei cavi di alta tensione (tra l’altro orribili a vedersi). Quindi, maggiore sarà la diffusione delle piccole centrali nel territorio e minore sarà l’impatto ambientale e l’efficienza della rete elettrica. Ad oggi questi impianti in Italia sono 485.000 e l’ Autority li definisce “Mini centrali”, in genere sono sotto il megawatt di potenza. Di tutti questi piccoli impianti il 70 % utilizza fonti alternative, con il fotovoltaico che da solo arriva al 31% e, altro dato molto confortante, il 40 % della produzione delle “Mini centrali” viene autoconsumato.

Tutti questi dati indicano che l’Italia da qualche anno ha imboccato la strada giusta per utilizzare al massimo i vantaggi offerti dalla produzione elettrica da energie rinnovabili. Ma non possiamo per questo abbassare l’attenzione sul problema o peggio, cambiare politiche energetiche dall’oggi al domani, come si sta facendo con la rimodulazione degli incentivi a effetto retroattivo.

Lo ripetiamo fino alla noia: il settore “green” per svilupparsi ha bisogno di certezze e stabilità normativa, altrimenti il privato non mette il piccolo fotovoltaico sul tetto di casa e il grande investitore scappa dall’Italia preferendo andare a produrre in paesi con una politica energetica più stabile e lungimirante.