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Nuove prospettive per lo sviluppo delle rinnovabili arriva dall’ ultimo segnale dell’asta per i nuovi parchi eolici nel Mare del Nord indetta il mese di aprile dal governo tedesco: in tre casi su quattro, gli impianti sono stati assegnati in totale assenza di incentivi. E’ stata così raggiunta la “grid parity”, dimostrando che le fonti rinnovabili possono ormai stare in piedi economicamente anche senza pesare sulle bollette dei consumatori. Quello che è accaduto in Germania è soltanto uno degli esempi che rivelano come sia in corso un salto di qualità tecnologico nel mondo della green economy. Tanto che gli esperti cominciano a parlare del fenomeno definendolo “Rinnovabili 4.0”: il settore ha preso nuovo slancio dalle innovazioni che stanno riducendo i costi e aumentando l’efficienza degli impianti. Il caso dell’eolico è paradigmatico: per ottenere risultati più performanti si stanno costruendo impianti sempre più colossali, in particolare per l’off shore. Le ultime installazioni al largo delle coste superano i 200 metri d’altezza. Ma in Danimarca è in corso un progetto per la costruzione di un prototipo da 330 metri, l’altezza della Torre Eiffel. Tutto ciò ha riflessi non soltanto sulla bolletta elettrica, ma soprattutto sulle filiere industriali in tutti quei paesi che hanno scommesso per tempo sullo sviluppo dell’energia pulita. Italia compresa: come dimostra il successo dell’ultima asta per gli impianti on shore, quando sono state presentate più di mille domande (1.078) per una richiesta complessiva di 632 megawatt di potenza, il doppio della potenza disponibile messa a bando, pari a 275 megawatt. Non per nulla, l’ultimo report di Anie Rinnovabili (l’associazione industriale che raggruppa le imprese di filiera) rivela come nel primo trimestre dell’anno, le nuove installazioni eoliche siano salite del 270 per cento rispetto all’anno precedente. Le “Rinnovabili 4.0” riguardano, ovviamente, anche l’energia solare. Campo nel quale l’Italia può vantare la più alta percentuale di energia prodotta da impianti fotovoltaici sul totale nazionale. Un successo partito dal “basso”: nel corso del 2015 (secondo gli ultimi dati disponibili dell’Autorità per l’energia) i piccoli e piccolissimi impianti per l’autoproduzione sono saliti a circa 700mila, oltre 41mila in più rispetto all’anno precedente, con una crescita del 6,3%, arrivando così a una potenza installata di oltre 30mila megawatt, pari al 25% del totale nazionale. Un successo dovuto a sussidi in una prima fase e – successivamente – all’abbattimento dei costi per l’installazione dei pannelli fotovoltaici. Un mercato destinato a crescere ancora, grazie agli incentivi fiscali sull’efficienza energetica. Per non parlare degli investimenti sui nuovi materiali. Come dimostra l’accordo raggiunto tra Enel e l’Istituto Italiano di Tecnologia per lo sviluppo di nuovi pannelli: i prototipi allo studio non comprendono più il silicio, ma utilizzano il grafene, un materiale composto di atomi di carbonio, sempre più usato dall’industria perché ha la resistenza meccanica del diamante e la flessibilità della plastica. Associando il grafene a un altro materiale innovativo che risponde al nome di perovskite, si ottiene «un flusso più efficace degli elettroni da un pannello all’altro, producendo un quantitativo maggiore di energia», come spiegano all’Itt di Genova. Ma la ricerca sul solare non si ferma al fotovoltaico. Un’altra idea tutta italiana porta la firma del gruppo Magaldi, storica società campana (190 dipendenti, di cui la metà ingegneri) con oltre 100 anni di attività nel campo dei meteriali ad alte temperature, come nel caso di altiforni e inceneritori. Uno degli ultimi brevetti depositati riguarda il solare termodinamico. Il sistema “tradizionale” prevede che l’energia venga prodotta riscaldando silos pieni d’acqua in cui vengono immessi sali minerali e riscaldati da specchi ustori. L’innovazione proposta da Magaldi prevede sempre gli specchi, ma all’interno del silos vengono riscaldati minuscoli granelli di sabbia di fiume in un letto d’aria: il minor attrito produce più energia, con meno costi e in modo ecocompatibile. Futuribile? Non tanto: il prototipo è piaciuto al gruppo A2a, la prima utility locale italiana, che lo utilizzerà per produrre l’energia necessaria a far funzionare la centrale elettrica di San Filippo del Mela in provincia di Messina. Se avrà successo verrà esportato in tutti gli impianti dell’utility. Lunga la filiera delle rinnovabili si scoprono decine di casi come questo. Uno per tutti: l’Italia può vantare una delle prime aziende al mondo per la produzione di “tracker”, il meccanismo che consente ai pannelli di orientarsi in base alla posizione del sole, il gruppo Convert: uno dei loro brevetti consente di aumentare il rendimento fino al 25 per cento rispetto agli impianti con pannello fisso. Una ulteriore spinta alle rinnovabili arriverà dal crollo dei prezzi dei sistemi di accumulo: non sono altro che batterie (come quelle dell’automobile) che immagazzinano energia prodotta dai pannelli o dalle turbine eoliche per rimetterla in circolo quando il vento è calato oppure di notte quando il fotovoltaico non funziona. Lo sviluppo della tecnologia ha permesso di ridurre le dimensioni, facendone un prodotto per le famiglie. Anche in questo caso, il nostro paese diventa un terreno di sperimentazione unico in Europa: il gruppo tedesco Varta ha scelto il nostro paese – grazie gli impianti domestici per autoproduzione – per lanciare le nuove batterie al litio che, di fatto, si possono attaccare al muro come fossero un quadro. Anche perché le dimensioni sono quelle: 60 centimetri sia in altezza che in larghezza e 18 centimetri di profondità. Ma è solo il primo passo, come evidenzia un recente studio della società di consulenza McKinsey, secondo la quale i prezzi delle batterie dovrebbero quasi dimezzarsi da qui al 2020. Se così fosse, non siamo che all’inizio della nuova rivoluzione energetica.

 

Fonte: La Repubblica